Lo vedremo dal vivo nel foyer del Teatro Ciak ogni lunedì per tutto il prossimo febbraio, in serate da non perdere grazie al nuovo gruppo di Ricky Gianco e agli amici che, di volta in volta, lo accompagneranno. Fu tra i primi in Italia a lanciarsi nel mondo del rock'n'roll ed è entrato nel mitico Clan di Celentano a 18 anni. Molti suoi brani sono incisi nella storia della musica italiana, come Il vento dell'est scritto con Gian Pieretti, Pregherò e Ora sei rimasta sola.
Tutti lo conoscono e lo apprezzano, lui lavora senza sosta e realizza pure colonne sonore di film, di spot pubblicitari ma soprattutto è amico dei più importanti personaggi che si conoscano, da Fabrizio De Andrè a Luigi Tenco. Dopo anni dall'uscita del suo ultimo album, si è fatto convincere a realizzare un nuovo CD, Di santa ragione. Ce lo racconta il protagonista, Ricky in persona.
Come mai ti presenti al Ciak con una band così insolita, un grandioso 'rumorista' come Paolo Ciarchi e un geniale tablista come Federico Sanesi?
Intanto siamo amici e c'è tanta simpatia ma soprattutto c'è il tentativo di andare sempre più avanti e mettersi alla prova, anche con musica non propria. Nel nuovo CD, per esempio, canto cinque canzoni non mie ma di altri bravi cantautori.
E i musicisti?
Ecco, in più c'è stato l’aiuto di amici, come Patrizio Fariselli al pianoforte, che è stato tra i fondatori degli Area ai tempi di Demetrio Stratos. C'è Paolino Della Porta al contrabbasso, che gira per tutta Europa come jam session man; Fausto Beccalossi alla fisarmonica, sta anche facendo un tour mondiale con Al Di Meola. Voglio dire: ci sono con me tutti musicisti con le palle.
In effetti... Fanno venire l'acquolina!
Federico Sanesi ai tabla, ha suonato con Vincenzo Zitella ed è il migliore, in Italia. Poi Maurizio Camardi sta ai fiati, di vario genere; infine Bebo Ferra è alla chitarra. Insieme ci esibiamo e abbiamo fatto questo disco, Di santa ragione.
Ecco, il titolo: perché?
E' uscito questo titolo perché così è la vita. L’ho fatto dopo 50 anni di carriera, perché il primo disco l’ho pubblicato nel ’59, era un 45 giri.
Quali canzoni erano incise, te lo ricordi?
Certo: erano Ciao ti dirò, che fu ripresa da Adriano Celentano e Bye bye love, un pezzo degli Everly Brothers. Allora avevo 15-16 anni.
Si dice che tu sia stato il primo a esplorare seriamente il rock'n'roll in Italia, ti chiamano il 'padre del rock italico'. E' vero?
Beh, altri tempi, bei tempi.
Così ora cambi un po'?
Questo per la prima volta è un disco acustico e in alcuni pezzi c’è una venatura di musica cajoun, del Louisiana, come pure una vena jazzistica. Magari non proprio jazz ma con gli arrangiamenti che suonano così. In fondo, io non ho mai vissuto sentendomi in obbligo a fare o non fare dischi: bastava ci fosse una buona ragione.
E stavolta la ragione c'è stata?
Questo evento è merito di tante occasioni, compreso l'aiuto di Enrico De Angelis per la scelta di molti brani, che comprende un pezzo di Piero Ciampi. Sono inclusi pure altri miei amici della casa editrice Ricordi, come Gino Paoli, Umberto Bindi e Giorgio Gaber. Poi c’era il trio degli sfigati, che ero io insieme a Sergio Endrigo e a Luigi Tenco. Io ero la mascotte, perché ero il più piccolo.
Ci sono nel CD tutti questi autori con loro canzoni?
Sì. Ho scelto Quando di Tenco, Sassi di Paoli e Via Broletto 34' dell’Endrigo. E poi un pezzo di Fabrizio De Andrè, Giordi: non ho voluto rifare cose che lui aveva fatto troppo magnificamente bene e non mi sentivo di interpretare cose scritte solo per le sue idee e la sua voce. Giordi, invece, l'anno cantata anche altri, fra cui Joan Baez. Poi ci sono due pezzi non nuovi e due pezzi nuovi, Né sconti né saldi, scritto con Massimo Carlotto e Cocopro, testo drammaticamente attuale. Poi Povero Willie, un cane che vive dove ci sono solo grattaceli e tunnel, dove non troverà più nemmeno un albero su cui pisciare. Un altro brano è stato rivisto, Antipatico, scritto insieme a Manfredi e Un cucchiaino di zucchero nel tè, cantato da Mina.
Grandi pezzi. Non ti spaventi per nulla e sembra pure che chi ti accompagna sia entusiasta! E poi?
Poi ci sono tre vecchi pezzi miei, Il vento dell’est, Pugni chiusi e Nel ristorante di Alice, che fu cantata dall’Equipe 84 ma l’ho scritta io. 'Pugni chiusi' l’ha voluta Fariselli: Demetrio Stratos suonava coi Ribelli, prima di costituire gli Area e Fariselli ha saputo usare questa canzone a cui ha creato un arrangiamento bellissimo, con un quartetto d’archi. Ora il brano si è addolcito, ha un altro colore.
Ma non basta: avrai ospiti fissi e altri di volta in volta. Chi?
Lucia Vasini ci sarà sempre, con un suo ruolo e un intervento in cui presenterà ogni volta una giovane cabarettista in un siparietto che si chiamerà ‘New Eve’, la nuova Eva della comicità. Gianni Barbacetto sarà pure con noi, è un giornalista che in 5 minuti ci farà una cronaca della settimana, in sintesi. Alberto Tonti è un architetto appassionato di musica, ha scritto il Dizionario del Rock e della musica americana. Ha lavorato su Radio 24 con Tutti Frutti alla ricerca di artisti, per un anno. Poi di volta in volta avremo degli ospiti, come Flavio Oreglio e Cochi Ponzoni lunedì 1 febbraio. Si parte dal rock and roll e ci si sbizzarrisce con altro. Avremo in seguito Lella Costa, Gianni Mura... ah, ogni ospite dovrà anche cantare, è obbligatorio!
Insomma, massimo divertimento! Ma come mai ogni lunedì nel foyer del Ciak?
Abbiamo scelto il foyer nel tentativo di creare un salotto, una casa: non c’è il palcoscenico, si troveranno seggiole o poltroncine, ci sono i tavolini... Vogliamo creare un’atmosfera e, anche se abbiamo la regia di Velia Mantegazza, noi vogliamo dare spazio all’improvvisazione, mantenendo una struttura precisa. Ci devono essere gli spazi per le luci e per lo svolgimento dello spettacolo, che ha una sua trama.
E' vero che temevi la platea troppo grande?
Beh, diciamo che se proprio venisse troppa gente ci possiamo spostare in teatro, dove ci stanno fino a mille e più persone... ma non abbiamo fatto troppa pubblicità, contiamo sul passaparola. Ci basta molto meno.
Chi ti ha convinto di potercela fare?
Paolo Scotti, Sandro Galbiati e Gianmario Longoni ci hanno spinti a farlo e speriamo di non deludere nessuno.
Non vedo l'ora... Passa il messaggio che non bisogna aver paura d'invecchiare, non trovi?
Non solo noi ci si diverte sempre ma, se uno non condivide l’ottimismo ufficiale che tutto va bene, c’è davvero bisogno di ritrovarsi a ridere un po’, sia giovani che vecchi. Magari qualcuno potrà imparare qualcosa... per quanto basti ritrovarsi come a casa, fra vecchi amici e io sono contento.
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